Il ponte dello storytelling

Se dovessi usare una parola per Isabella, quella parola sarebbe grinta.

Dopo due ore di Zoom ha parlato poche volte ma con tante parole, diciamo che la densità ha vinto sulla quantità. Dice di essere logorroica ma per me è semplicemente affamata. Curiosa nel modo migliore.

Curiosa come chi esce dalle aule dell’università con lo zaino dei libri da svuotare per riempirlo di esperienze.

Non conosco Isabella. Ho condiviso con lei alcuni spunti durante un’aula sullo storytelling. Forse ci ritroveremo poi sui social, forse ci scambieremo ancora qualche opinione però mi sento di prendermi la confidenza per condividere un suo dubbio e trasformarlo in un ponte.

“Per costruire storie efficaci devi conoscere bene tutto: i clienti, i prodotti, i servizi, il mercato… Se no come fai?!”

Questa sua domanda deve diventare un ponte perché si trova esattamente a metà tra imprenditori e storyteller.

A mio avviso deve diventare un punto di incontro perché è un modo giusto per sviluppare storie potentissime. Troveremmo storie costruite sulla conoscenza degli imprenditori e sulla capacità creativa degli storyteller. Si tratta di un buon equilibrio tra conoscenza e creatività. Le alternative sarebbero tante e tutte abbastanza rischiose, ad esempio: storyteller persi nella tuttologia e imprenditori con visioni limitate.

I primi farebbero innumerevoli danni perché vorrebbero possedere le storie invece di valorizzarle, i secondi perderebbero una delle naturali vocazioni del vero imprenditore: esplorare, migliorarsi e, perché no, affidarsi a chi li aiuta a raccontare ciò che sono.

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